Dott. Michele Stiz
Dottore commercialista revisore legale e consulente d’azienda

Dott. Giancarlo Garioni
Dottore commercialista revisore legale e consulente d’azienda

Il mancato rispetto del termine di 15 giorni tra l’udienza in Camera di consiglio e la notifica del ricorso è motivo di nullità del decreto di convocazione? La notifica prevista dall’ordinamento fallimentare tutela adeguatamente il diritto di difesa del fallito? Alcune recenti pronunce fanno chiarezza sui punti.

L’art. 15 della legge fallimentare prevede che il procedimento per la dichiarazione di fallimento si svolga avanti al Tribunale in composizione collegiale con le modalità del procedimento in Camera di consiglio.

Depositato il ricorso per la richiesta del fallimento, il Tribunale fissa con decreto l’udienza per la discussione in Camera di consiglio il quale deve essere notificato, unitamente al ricorso, a cura della cancelleria, all’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) del debitore risultante dal Registro delle Imprese ovvero dall’Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti. Quando la notifica, effettuata nelle modalità di cui sopra, non risulti possibile o dia esito negativo, la stessa deve essere compiuta a cura, stavolta, del ricorrente nelle mani del legale rappresentante presso la sede risultante dal Registro delle Imprese, ovvero, in caso di esito negativo con il deposito dell’atto nella casa comunale della sede sociale.

Tra la data di comunicazione o notificazione e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non inferiore a 15 giorni, salvo che il Presidente del Tribunale non intenda abbreviare detto termine con decreto motivato quando ricorrono particolari ragioni di urgenza.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19655 del 22.07.2019, ha rigettato il ricorso del fallendo che si doleva del mancato rispetto dei 15 giorni tra la convocazione e l’udienza (tra l’altro sulla base di un decreto che aveva rigettato la richiesta del pubblico ministero procedente di abbreviazione del termine), sul presupposto che il mancato rispetto del termine di 15 giorni costituisce causa di nullità astrattamente integrante la violazione del diritto di difesa, senza per ciò solo determinare la nullità del decreto di convocazione, ai sensi dell’art. 156 C.p.c., laddove l’atto abbia comunque raggiunto lo scopo e il debitore, pur eccependo la nullità della notifica, abbia attivamente partecipato all’udienza, rendendo dichiarazioni in merito alle istanze di fallimento, senza tuttavia formulare in tale sede, rilievi o riserve in ordine alla ristrettezza del termine concessogli, né fornendo specifiche indicazioni del pregiudizio eventualmente determinatosi, sul piano probatorio, in ragione del minor tempo disponibile.

Sempre la Suprema Corte, con l’ordinanza n. 19048 del 16.07.2019, ha invece ritenuto corretta la notifica effettuata secondo la disciplina dell’art. 15 della legge fallimentare, rigettando il ricorso del fallendo che si doleva del non corretto indirizzo PEC utilizzato dalla cancelleria (senza peraltro indicare quale fosse l’indirizzo cui il decreto di convocazione andasse notificato) e dell’essere stata eseguita la notifica del ricorrente presso la sede legale, risultante dal registro delle imprese, prima e presso la casa comunale successivamente, anziché presso la sede effettiva.Secondo la Corte di legittimità non troverebbe, infatti, applicazione la disciplina ordinaria prevista dall’art. 145 C.p.c. per l’ipotesi di irreperibilità del destinatario della notifica, stante la speciale disciplina semplificata prevista dall’ordinamento fallimentare che coniuga il diritto di difesa del debitore con le esigenze di celerità e speditezza intrinseche nel procedimento concorsuale, caratterizzato da speciali e complessi interessi, anche di natura pubblica, idonei a rendere ragionevolmente adeguato un diverso meccanismo di tutela della garanzia del diritto difensivo, come del resto già chiarito dalla Corte Costituzionale con sentenza 16.06.2016 n. 146.

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