Dott. Piernicola Carer
Dottore Commercialista
Revisore Legale e consulente d’azienda

TREVISO, SETTEMBRE 2019

L’art. 93 L.F. prevede espressamente che la domanda di ammissione al passivo si proponga con ricorso da trasmettere all’indirizzo di posta elettronica certificata del curatore 30 giorni prima dell’udienzafissata. Gli originali dei titoli di credito vanno invece depositati in cancelleria.


Laddove il creditore depositi l’istanza direttamente in cancelleria, come avveniva in passato, senza inoltrarla telematicamente al curatore, alcuni tribunali di merito hanno ritenuto la domanda inammissibil perché proposta con modalità di trasmissione diverse rispetto a quelle espressamente previste dalla norma. A nulla rileva, secondo tale orientamento, che la sanzione di inammissibilità non sia espressamente prevista in conseguenza della violazione della norma sopra indicata, e ciò in relazione al carattere non tassativo delle ipotesi di inammissibilità.


La Suprema Corte, con ordinanza 10.07.2019, n. 18535, ha invece precisato che l’avvenuta presentazione di una domanda di insinuazione allo stato passivo con deposito in cancelleria, anziché a mezzo PEC inviata al curatore, come prescritto dall’art. 93 L.F., integri una semplice irregolarità sanabile e non dia quindi luogo all’inammissibilità della domanda medesima.

Ciò specularmente all’orientamento della Corte stessa (Cass. Civ. 9772/2016), che aveva già stabilito come nei procedimenti contenziosi incardinati dinanzi ai tribunali dal 30.06.2014, il deposito per via telematica, anziché con modalità cartacee, dell’atto introduttivo del giudizio non dia luogo a una nullità della costituzione dell’attore, ma a una mera irregolarità, essendo stato comunque realizzato il raggiungimento dello scopo della presa di contatto tra la parte e l’ufficio giudiziario e della messa a disposizione delle altre parti.


In particolare, si è evidenziato che le forme degli atti del processo non sono prescritte dalla legge per la realizzazione di un valore in sé o per il perseguimento di un fine proprio e autonomo, ma sono previste per la realizzazione di un certo risultato, con la conseguenza che è irrilevante l’eventuale inosservanza della prescrizione formale se l’atto viziato ha egualmente raggiunto lo scopo cui è destinato. Essendo lo scopo di un atto processuale la presa di contatto tra la parte e l’ufficio giudiziario dinanzi al quale la controversia è instaurata, il deposito per via telematica, anziché con modalità cartacee, si risolve in una mera irregolarità tutte le volte in cui l’atto sia stato inserito nei registri informatici dell’ufficio giudiziario.


Parallelamente, anche laddove la domanda di insinuazione allo stato passivo, pur depositata in cancelleria, e non inviata al curatore a mezzo PEC, abbia raggiunto il proprio scopo di determinare la costituzione di un contatto tra la parte e l’ufficio giudiziario dinanzi al quale la controversia è stata instaurata, l’insinuazione è da considerarsi legittima tanto più ove sia stata inserita nel progetto di stato passivo del curatore, che con tale condotta attesti implicitamente di averla regolarmente ricevuta. 

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