In contesti di crisi le principali complicazioni aggiuntive sono riferite:

− alla stima dell’inefficienza di periodo (quasi sempre presente);

− all’esame più approfondito della recuperabilità dei valori di costo (molto dipenderà da come la crisi incide sui prezzi di mercato).

Relativamente al primo aspetto, la Società dovrà considerare vari fattori per indagare se e quali impatti sono derivati dal contesto di crisi, con analisi differenziate e difficilmente riassumibili come casi generali, ma che hanno normalmente 2 linee guida differenti a seconda che la crisi sia interna o esterna all’azienda.

Si terranno volutamente distinte le 2 tipologie di crisi (interna ed esterna), per meglio sintetizzare le problematiche di analisi, anche se purtroppo, nella dinamica reale dell’azienda, i 2 fenomeni saranno entrambi presenti, rendendo ancora più difficile la stima a bilancio.

In caso di crisi interna, risulta evidente dai risultati negativi che la società avrà consuntivato, che i volumi di vendita della società non consentono di recuperare i costi operativi fissi, con riflessioni su processi di ristrutturazione necessari che esulano e sono più vasti della valorizzazione del magazzino.

Tuttavia in questi casi si amplificherà anche l’indagine sul margine lordo industriale dell’attività e, tutte le volte che le conclusioni facciano ritenere che la diminuzione del margine lordo industriale sia dovuta a pressioni sui prezzi di vendite e/o ad aumenti di costo dei fattori produttivi che la società non riesce a ribaltare sul cliente, sarà necessario un esame molto dettagliato del valore di netto realizzo dei singoli prodotti e, una conseguente svalutazione, tutte le volte che il mercato, sui singoli prodotti, risulterà inferiore al costo.

Quando invece la crisi sia esterna, (diminuzione della domanda dei prodotti sul mercato), bisognerà in primo luogo analizzare se e come la Società ha saputo reagire nel contenimento dei costi variabili di produzione e quali impatti la riduzione dei volumi ha causato sulla efficienza produttiva della società rispetto ai parametri di capacità produttiva normale.

Per questi aspetti, si dovrà prima di tutto indagare se la società è stata in grado di ridurre il costo della manodopera diretta tramite il ricorso a ferie e/o cassa integrazione e istituti similari, in quanto se così non fosse quelli che normalmente sono costi variabili, in assenza di produzione adeguata diventerebbero simili ai costi fissi di produzione e sono un sintomo, da quantificare, di inefficienza produttiva.

Si dovrà inoltre tenere conto se, in presenza di risorse finanziarie utili allo scopo, la Società abbia prodotto beni superiori alla domanda di mercato (di facile riscontro in sede di inventario che evidenzierà giacenze di prodotti superiori a quelle dell’esercizio precedente), e valutarne criticamente il lento movimento in maniera prospettica decidendo se sia necessaria o meno una svalutazione.

Al solo fine di fornire una esemplificazione pratica del calcolo delle inefficienze di periodo si propone un semplice esempio.

Si supponga che lo scorso esercizio la Società avesse prodotto 1.000 prodotti A, sostenendo costi diretti per 30.000 e indiretti per 50.000, sfruttando in maniera normale la sua capacità produttiva.

Le turbolenze della pandemia hanno diminuito la richiesta di mercato del prodotto A.

La Società ha pertanto dimezzato la produzione del prodotto A a 500 unità, ed è inoltre intervenuta con cassa integrazione e altre misure di contenimento dei costi. I costi di produzione sostenuti nel periodo sono stati pari a 60.000 (di cui 15mila diretti e 45mila indiretti). Dei 500 prodotti nell’anno ne sono stati venduti 400 alla data di bilancio.

Ne consegue che i prodotti venduti avrebbero un costo totale, compreso l’inefficienza su tutta la quantità prodotta di 500, di 52.000 il che conduce a un costo unitario di 130, mentre quelli in rimanenza rimarrebbero valorizzati al valore di costo unitario di 80 rappresentativo della capacità produttiva normale.

Si noti che tale processo di non attribuzione di inefficienze del periodo in rimanenza va obbligatoriamente effettuato indipendentemente che il costo di vendita del prodotto A sia superiore a 120 che sarebbe stato il puro costo consuntivo effettivo del periodo, senza nessun adeguato ragionamento sullo sfruttamento della capacità produttiva aziendale.

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