Dott. Michele Stiz
Dottore commercialista revisore legale e consulente d’azienda

Dott. Giancarlo Garioni
Dottore commercialista revisore legale e consulente d’azienda

LA PREVENZIONE DELLA CRISI AL CENTRO DELL’ORGANIZZAZIONE

(tratto da il Sole 24 ore del 24 agosto 2019)

E ancora, la Srl non deve effettuare alcuna modifica allo statuto né tanto meno all’oggetto sociale poiché la Pmi si connota rispetto all’innovazione rispettando almeno due dei tre requisiti richiesti dalla norma. Si tratta pertanto, a prescindere da quanto riportato nell’oggetto sociale, di una presunzione di svolgimento dell’attività aziendale su basi “innovative” che non necessita di ulteriori approfondimenti, almeno ragionando sul piano prettamente normativo. Ad esempio, rispetto ai parametri che la Pmi deve avere per essere considerata innovativa, è necessario che l’intangibile risulti inerente e correlato all’oggetto sociale nonchè all’attività posta in essere dalla società. Su questo, con particolare riferimento al software il Mise si è espresso (parere 218415 del 29 ottobre 2015) affrontando e chiarendo un caso che spesso capita rispetto all’impiego nell’attività aziendale di un bene di tale tipologia. Nel documento da ultimo citato, in particolare, è stata sancita la possibilità di utilizzare quale requisito utile al raggiungimento della qualifica di Pmi anche il software sul quale si vanti un diritto di utilizzo esclusivo (anche in specifici Paesi) e che non sia stato ideato e progettato internamente (sempreché sia strumentale e funzionale all’attività economica esercitata dalla società).

DOPPIO CANALE PER SEGNALARE DA SUBITO GLI INDIZI DI DIFFICOLTA

(tratto da il Sole 24 ore del 24 agosto 2019)

Il nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza ha imposto alle imprese, che operano tanto in forma individuale quanto collettiva, obblighi organizzativi allo scopo di prevenire il rischio d’insolvenza.

L’intervento di riforma non si è limitato però a questa misura. L’articolo 12 del nuovo Codice ha introdotto un ulteriore meccanismo precauzionale incentrato su obblighi di segnalazione finalizzato alla rilevazione degli indizi di crisi e alla sua soluzione.

Il successivo articolo 13 definisce gli indicatori della crisi, mentre gli articoli 14 e 15 pongono in capo a soggetti qualificati l’obbligo di segnalare all’organo amministrativo la situazione di allerta. In seguito alla segnalazione, l’impresa potrà accedere al procedimento di composizione della crisi dinnanzi all’Ocri (Organismo di composizione della crisi d’impresa, organo istituito dal Codice presso ogni Camera di commercio).

Due sono le categorie di soggetti tenuti alla segnalazione. Da un lato, alcuni soggetti pubblici (agenzia delle Entrate, Inps e agente della Riscossione), i quali hanno l’obbligo di avvisare il debitore quando la sua esposizione debitoria abbia superato determinate soglie ivi stabilite (articolo 15, comma 2 Codice della crisi). Dall’altro, gli organi di controllo interni all’organizzazione d’impresa, tenuti a indicare all’organo amministrativo la presenza di fondati indizi della crisi.

In particolare quest’ultimi, cioè il revisore contabile e la società di revisione, ciascuno nell’ambito delle proprie attribuzioni, devono controllare che l’organo amministrativo adegui costantemente l’assetto organizzativo interno allo standard necessario alla prevenzione della crisi e che sussista l’equilibrio economico-finanziario; valutano il prevedibile andamento della gestione; segnalano immediatamente all’organo di gestione la presenza di indizi di crisi.

La segnalazione consiste in una comunicazione ufficiale sufficientemente motivata rivolta all’organo amministrativo. Essa contiene un termine (al più un mese) entro cui quest’ultimo deve riferire all’organo di controllo quali sono le misure adottate per fronteggiare la situazione di sofferenza (fase interna di allerta). Se questo dialogo interno si rivela infruttuoso, poiché l’organo amministrativo non risponde o non fornisce risposte adeguate su soluzioni individuate e iniziative intraprese, l’organo di controllo è tenuto a informare l’Ocri senza indugio. Si avvia così una procedura di allerta esterna sempre finalizzata alla prevenzione della crisi.

Non tutti i debitori che svolgono attività imprenditoriale sono però soggetti al meccanismo di allerta.

Esclusi dalla disciplina dell’allerta i consumatori e i professionisti. Sono anche esentate le imprese di grandi dimensioni, i gruppi di imprese e le società con azioni quotate o diffuse fra il pubblico in misura rilevante. Sono poi esclusi altri soggetti fra cui banche, intermediari finanziari e mobiliari, fondi comuni di investimento, fondazioni bancarie, società fiduciarie e imprese di assicurazione per i quali operano meccanismi di controllo affidati ad autorità indipendenti.

Altre disposizioni rivelano il preciso intento della legge di favorire l’impiego di modalità compositive alternative alla liquidazione giudiziale. Queste disposizioni si affiancano alle generose misure premiali previste dall’articolo 25 del Codice della crisi in caso di presentazione tempestiva all’Ocri di istanza di composizione.

La disposizione che rivela più delle altre la volontà del legislatore di incentivare il meccanismo delle segnalazioni è la clausola del comma 3 dell’articolo 14 del nuovo Codice. In essa si stabilisce che la segnalazione tempestiva all’organo di vigilanza rende immuni sindaci e revisori dalla responsabilità in solido con gli amministratori per gli illeciti da questi commessi dopo la segnalazione, a condizione che gli illeciti in questione non dipendano direttamente da decisioni prese dagli stessi sindaci prima della segnalazione. Qualsiasi iniziativa ritorsiva degli amministratori è scongiurata dall’espresso divieto di revocare l’incarico al soggetto vigilante in ragione della segnalazione da questi effettuata.

Il favore per il più largo impiego possibile dei sistemi preventivi di segnalazione è poi evidente nella previsione che esonera i sindaci nelle comunicazioni con l’Ocri dall’osservanza dell’obbligo di riservatezza sui fatti e sui documenti conosciuti nell’esercizio delle funzioni. Questa misura è funzionale a garantire l’efficacia dell’intervento esterno dell’Ocri, ma non si può dubitare che costituisca, a sua volta, un incentivo per l’impresa a risolvere da subito la situazione di difficoltà durante la fase “interna” di allerta.

Non si deve sottovalutare, infine, che il Codice stabilisce espressamente che i contratti pendenti non possono essere risolti per il solo fatto che l’imprenditore intraprenda volontariamente la procedura di composizione davanti all’Ocri. La “blindatura” dei contratti in corso consente, così, all’imprenditore, di avviare senza timori la procedura di soluzione della crisi.

Ciascuno dei soggetti coinvolti nella procedura di segnalazione è stimolato, pertanto, dalla previsione di concreti vantaggi o, al contrario, dalla prospettazione di conseguenze negative, ad attivare tempestivamente il procedimento di soluzione preventiva delle crisi di impresa.

IVA CON RAPPORTO DEBITI/RICAVI AL 30% SCATTA LA SEGNALAZIONE

(tratto da il Sole 24 ore del 24 agosto 2019)

La prevenzione della crisi è attuata dal nuovo Codice attraverso la previsione, unitamente agli obblighi organizzativi posti a carico dell’imprenditore, di obblighi di segnalazione demandati a due differenti categorie di soggetti.

Si tratta, anzitutto, di quei soggetti preposti al controllo della legalità della gestione dell’impresa, quali sono gli organi di controllo societari, il revisore contabile e la società di revisione. Vengono poi in questione una serie di soggetti pubblici esterni i quali si possono trovare ad essere creditori dell’impresa in ragione di obbligazioni pecuniarie di carattere pubblico, quali imposte o contributi previdenziali.

Affinché i meccanismi di allerta funzionino adeguatamente, la riforma prevede che gli obblighi di segnalazione diretti all’organo amministrativo scattino in automatico al verificarsi di situazioni fattuali indicative di uno stato di crisi. Si intende così sottrarre a qualsiasi discrezionalità, soprattutto nel caso degli organi di controllo societari interni, l’innesco della procedura preventiva di composizione della crisi. Per questo motivo, è lo stesso legislatore a definire, con precisione, gli indici della crisi, dai quali si desume lo stato di allerta che fa scattare la procedura compositiva.

L’articolo 13 Ccii, pur con qualche ridondanza e in maniera non del tutto lineare, definisce la sostanza e il ruolo degli indici della crisi, che devono dare evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o, quando la durata residua dell’esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, per i sei mesi successivi, e devono essere in grado di misurare la sostenibilità degli oneri derivanti dall’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi. Costituiscono indicatori di crisi anche i reiterati e significativi ritardi nei pagamenti, di durata diversa in rapporto alle diverse categorie di debiti.

La norma demanda l’elaborazione di tali indici al Cndcec, da approvarsi poi con decreto ministeriale. La compilazione di questi indici è periodica e almeno triennale.

Si prevede che tali indici vengano elaborati per categorie differenti di attività economiche e che ve ne siano di specifici relativi a start-up innovative, Pmi innovative, società in liquidazione e imprese “giovani”. Gli indici consistono in definitiva in grandezze funzionali, secondo il dettato della legge, a valutare la capacità delle imprese di onorare i debiti contratti con i creditori e la continuità aziendale per l’immediato futuro.

È possibile per la singola impresa far valere peculiarità tali da ovviare all’impiego degli indici elaborati dal Cndcec? La risposta è positiva, ma il legislatore richiede che ne vengano specificate le ragioni e che i differenti indici elaborati siano indicati nella nota integrativa e la loro adeguatezza attestata da un professionista indipendente in un documento allegato alla nota integrativa stessa e che ne costituisce parte integrante. Si può dunque ritenere che gli indici elaborati dal Cndcec funzionino quali presunzioni semplici, evincibili attraverso la procedura di certificazione appena vista.

In nessun caso il meccanismo può risolversi in un’agile scappatoia di situazioni negative in corso; il Codice prevede, infatti, che gli indici individualizzati possano essere impiegati solo dall’esercizio di bilancio successivo. Ai sensi dell’articolo 14 Ccii, gli organi di controllo interni adoperano unitariamente gli indicatori nelle verifiche periodiche circa l’esistenza di fondati indizi della crisi.

Nello specifico, essi verificano che l’organo amministrativo monitori costantemente l’adeguatezza dell’assetto organizzativo dell’impresa, il suo equilibrio economico finanziario e il prevedibile andamento della gestione. Il pieno controllo sulla situazione dell’impresa è poi agevolato nel caso delle società dalla previsione collaterale di un flusso informativo obbligatorio e diretto fra creditori privati dell’impresa quali banche e intermediari finanziari e organi di controllo relativamente a revisioni o revoche degli prestiti a favore dell’impresa.

L’articolo 15, invece, introduce l’obbligo di attivare l’allerta in capo ai creditori pubblici. In questo caso, non esistono organi preposti all’elaborazione di indici; la natura dei debiti in questione è infatti per se stessa rivelatrice della situazione di sofferenza dell’impresa. Nel caso dei debiti nei confronti dell’agenzia delle Entrate, l’obbligo di segnalazione scatta quando l’ammontare totale del debito Iva sia pari ad almeno il 30% del volume di affari e nel contempo superiore a cifre-soglia individuate per scaglioni di volume di affari. Per quanto concerne l’Inps, si prevede la segnalazione quando l’impresa sia in ritardo di oltre sei mesi nel versamento dei contributi previdenziali di ammontare oltre la metà di quelli dovuti nell’anno prima e comunque superiori a 50mila euro; per il riscossore delle imposte la soglia di rilevanza dei debiti scaduti è pari a 500mila euro per le imprese individuali e un milione per le collettive.

Il legislatore si è preoccupato di assicurare anche l’effettività della segnalazione. Nel caso dei crediti delle Entrate e dell’Inps, infatti, è prevista la perdita del privilegio relativo alle somme dovute nel caso di manata segnalazione. Nel caso dell’agente riscossore, l’incentivo è ancora più forte poiché per la mancata segnalazione è sancita l’inopponibilità dei crediti per le spese e gli oneri di riscossione.

BOARD LIBERO DI DECIDERE CON BUONA FEDE E DILIGENZA

(tratto da il Sole 24 ore del 24 agosto 2019)

La gestione di una società comporta la spendita da parte dell’organo amministrativo di una discrezionalità che concerne, innanzi tutto, la scelta se effettuare o meno una determinata operazione e, una volta che si sia deciso in senso positivo, tutto ciò che interessa i singoli profili della stessa. La discrezionalità esercitata dall’organo amministrativo corrisponde, d’altra parte, alla necessità di governare le incertezze del mercato.

Per questo motivo, da tempi ormai risalenti, è stata elaborata, dapprima negli Stati Uniti d’America, la teoria della Business Judgment Rule (Bjr). Secondo questa teoria, le scelte discrezionali dell’organo di governo dell’impresa sono sottratte al sindacato del giudice. Il fatto di operare in un mercato concorrenziale determina la necessità che l’amministratore, per perseguire al meglio il profitto della società, sia libero dal rischio di incorrere in responsabilità connesse al cattivo esito di un affare. L’insuccesso, infatti, non necessariamente è dovuto a inadeguatezza del board ma può essere l’esito fisiologico dell’alea del mercato.

La regola, tuttavia, non costituisce un salvacondotto assoluto per le decisioni e il comportamento dei manager. Pur in presenza di oscillazioni in dottrina e giurisprudenza, si ritiene che le scelte gestorie siano comunque sindacabili nei limiti di una condotta contraria a buona fede, in quanto dolosamente dannosa nei confronti della società, o se contraria al dovere di diligenza. Quest’ultima evenienza si verifica, in particolare, quando il board agisca senza aver adottato le precauzioni minime necessarie a garantire, se non il successo, almeno la diminuzione del rischio connesso alla singola operazione che si intraprende. Tale valutazione della diligenza nello svolgimento e nella conclusione del singolo affare non può essere condizionata, ovviamente, dal suo eventuale esito negativo, non può cioè essere condotta con il “senno di poi”, ma deve avvenire in ottica prognostica, con un giudizio ipotetico ex ante.

In concreto, la predisposizione di opportune cautele si sostanzia nella predisposizione di canali informativi che consentano all’organo di amministrazione di fruire di basi conoscitive idonee a prendere decisioni appropriate al contesto di azione e alla minimizzazione dei rischi per la società.

La teoria della BJR è stata accolta anche dalla nostra giurisprudenza, con tratti sostanzialmente analoghi a quelli appena sintetizzati.

In questo contesto, la necessità di prevenire situazioni di sofferenza delle imprese ha indotto il legislatore del nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza a introdurre, con l’articolo 2086, comma 2, del Codice civile, un obbligo di organizzazione specificamente rivolto alla valutazione costante del rischio della crisi di impresa e funzionale alla garanzia della continuità aziendale. L’obbligo di organizzazione si pone sulla scia della riforma delle società di capitali che già nel 2003 aveva introdotto, con l’articolo 2381, comma 5, del Codice civile, l’obbligo per l’organo amministrativo di curare un assetto organizzativo adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa.

La tendenza in atto alla creazione di nuovi obblighi procedurali, a carattere precauzionale, comporta un’estensione dei doveri dell’organo amministrativo, che pone nuovi quesiti circa la sindacabilità delle scelte operate dallo stesso.

Verificatosi un danno in seguito a una decisione dell’organo amministrativo, oltre a giudicare di eventuali responsabilità dirette, può il giudice sindacare la mancata adozione delle misure organizzative precauzionali? Può valutare la loro adeguatezza?

Il primo quesito trova nel nostro ordinamento una risposta agevole nella stessa presenza dell’obbligo di organizzazione. Dato, cioè, che la legge impone all’organo amministrativo un preciso standard organizzativo, in sede di accertamento della responsabilità non sarà possibile opporre la volontà della società di agire sul mercato senza avere adottato misure preventive. D’altra parte – e in questo si nota una differenza ideologica con il sistema statunitense, in cui l’operatività del sindacato è subordinata alla decisione della società di dotarsi di mezzi di cautela idonei a fronteggiare i pericoli del mercato attraverso un’azione preventiva – la solidità dell’assetto societario non è un bene per la sola società, ma è funzionale a garantire anche diritti e interessi di terzi.

La risposta alla seconda questione, invece, è meno immediata. Contro la sindacabilità del merito delle decisioni organizzative, è stato osservato come il nuovo Codice della crisi di impresa non imponga alcun vaglio specifico relativo dell’assetto organizzativo della società, ma solo la verifica da parte dei soggetti individuati del fatto che l’organo amministrativo si sia attivato a fini preventivi (articolo 14, comma 1, del Codice civile). Pertanto l’organo di gestione è tenuto a prevedere un assetto organizzativo, ma rimane libero di decidere in quale forma e con quale contenuto.

La dottrina maggioritaria pare orientata a favore della possibilità di sindacare il merito delle scelte organizzative a carattere precauzionale, per il fatto che la legge impone scopi precisi che debbono essere perseguiti attraverso l’assetto adeguato della società (la rilevazione di uno stato di crisi e la sussistenza del cosiddetto going concern). Non vi è, infatti, discrezionalità quando la legge ponga delle finalità o dei limiti alla libertà di un soggetto protagonista dell’ordinamento.

D’altra parte, la legge non ha interesse ad un mero attivarsi della società, magari solo di facciata, a fini elusivi, bensì richiede la predisposizione di uno strumento efficace di prevenzione. Lo stesso articolo 2403 del Codice civile impone al collegio sindacale il dovere di valutare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo e tale assetto è pur sempre unico nella compagine societaria, sebbene oggigiorno finalizzato anche alla prevenzione della crisi di impresa, e perciò unitariamente sottoposto al controllo dell’organo di vigilanza.

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