Antieconomicità della gestione imprenditoriale? Se il contribuente non fornisce validi e concreti riscontri probatori, non si può ritenere indenne dalla contestazione di maggiori ricavi ancorché operati in regime di accertamento induttivo ai sensi dell’art. 39, c. 1, lett. d) D.P.R. 600/1973 e nonostante non siano state operate della contestazioni su regolarità e completezza della contabilità, istituita e tenuta dal medesimo contribuente. Queste le conclusioni fornite dall’ordinanza della V^ Sezione Civile della Cassazione 30.07.2019, n. 20491.
La disputa sulla antieconomicità delle condotte, tenute da operatori commerciali, rappresenta una costante nel panorama del contenzioso tributario.
In tale ottica, si evidenzia che, nel corso degli anni, le decisioni sono state piuttosto altalenanti, a volte dirette ad appannaggio delle esigenze erariali ed altre volte a garanzia della posizione e delle scelte del contribuente, al quale è stata riconosciuta, pur sempre, un’ampia facoltà di opzione, purché motivata, relativamente alle proprie scelte commerciali, ivi ricompresa l’applicazione dei prezzi. In tale prospettiva, un elemento dirimente è appunto rappresentato dalle attestazioni di “parte contribuente”, in ordine alle motivazioni che abbiano condotto il medesimo operatore all’adozione di una politica di prezzi connotati da antieconomicità.
Nel caso di specie era stata ritenuta pienamente legittima la metodologia induttiva dell’accertamento, essendo stata appurata e contestata l’antieconomicità della gestione dell’attività e la contestuale attendibilità del computo del maggior redditoeffettuato dall’Agenzia delle Entrate, obiettivamente basato anche sui dati contabili forniti dallo stesso contribuente e non soggetto ad alcuna contestazione di veridicità da parte del medesimo contribuente.
Dirimente in questo caso è risultata la conclusione della decisione della C.T.R., oggetto di ricorso, nella parte in cui veniva, in primo luogo, esplicato come il calcolo della maggiore redditività dell’impresa fosse stato operato sulla mera scorta dei dati emergenti dalla contabilità della stessa impresa e, in secondo luogo, si evidenziava che tali risultati non erano stati in alcun modo sottoposti a critica da parte del contribuente verificato, né in fase di constatazione, né in sede di impugnativa.
La Cassazione pone quindi in rilievo le carenze della metodologia difensiva del contribuente, al quale non possono che essere biasimate delle manchevolezze, proprio in termini di strutturazione della propria difesa, la quale anziché essere rivolta alla critica puntuale delle ragioni stanti alla base della sentenza impugnata, si è solamente limitata a riproporre delle ricostruzioni alternative e rigorosamente soggettive, manifestando la propria condivisione con la pronuncia del giudice di primo grado che aveva deciso in senso favorevole ad esso.

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